martedì 19 luglio 2011

Abir Aramin è stata colpita alla testa, ma nessuno le ha sparato.

http://www.kibush.co.il/show_file.asp?num=47668di Nurit Peled-Elhanan 
Domenica 10 luglio 2011, 8 Tammuz, è stato apposto il sigillo dell’approvazione giuridica sul libro The King’s Torah [1] dall’Alta Corte di Giustizia d’Israele che ha sentenziato che la bambina Abir Aramin, di 10 anni, alla quale tre anni fa ad Anata  venne sparato alla testa, è stata colpita da una pallottola che proveniva da un fucile sconosciuto, sparato da soldati o da polizia sconosciuti. Il proiettile che venne ritrovato sotto il suo piccolo corpo non ha trovato casa e si può anche porre fine alle ricerche.
                     abir-what happened

In altre parole: l’Alta Corte ha autorizzato lo spargimento del sangue di tutte le bambine palestinesi, inviando un chiaro messaggio ai soldati/polizia delle Forze di Occupazione Israeliane – l’assassinio di bambine palestinesi, in modo particolare di quelle che stanno comperando caramelle a un chiosco vicino alla scuola alle nove del mattino, non è un crimine. Nessuno è stato punito e nessuno sarà punito. Le accuse della procura, cioè, dei genitori, dei testimoni oculari, dell’organizzazione Yesh Din, le prove e le deposizioni – non si sono fatte strada nelle orecchie dei giudici [donna]. Non sono madri anche loro? 
Questa sentenza è il culmine di una campagna progettata e oliata evidentemente in modo splendido per rendere ammissibile l’uccisione di palestinesi che è stata condotta da decenni fino ad ora sui giornali, nei discorsi politici, nella letteratura e nel canto, nei piani militari, nella formulazione del codice etico dell’esercito e nei libri di testo che spiegano che tutti i massacri di palestinesi fin dal 1948 sono giusti per gli ebrei, per la democrazia ebraica e per la conservazione della maggioranza ebraica nello Stato di/Terra di Israele nel lungo, breve e medio termine. Questa campagna ha avuto impulso fin dal massacro di piombo fuso e di fosforo a Gaza di due anni fa. Sin da allora tutti hanno trovato giustificazioni e spiegazioni razionali per l’omicidio di palestinesi. Ufficiali dell’esercito in pensione e ufficiali che non lo sono si presentano di fronte a scolari e studenti in programmi di preparazione militare, o solo persone che vogliono andare a dormire la notte con la coscienza pulita, e illustrano loro che l’esercito più morale al mondo non fa nulla senza una giustificazione di “valore” etico-morale, per cui se ai bambini palestinesi viene fatto del male durante un’operazione militare giustificata da un punto di vista etico-morale, colma di valori che traboccano di moralità, allora è certamente il male minore, un’ingiustizia necessaria, strappi imposti dalle circostanze, una necessità che non è da condannare – che non deve mai essere condannata. Poiché l’uccisione di palestinesi viene compiuta sempre nel nome del diritto – internazionale o nazionale, o nel nome della legge della Torah, nel nome dei valori sublimi di preservare la vita umana dei non-palestinesi, nel nome della Guerra al Terrore, del conseguimento dei risultati militari, del principio della dissuasione, che viene sempre giustificato e spiegato con parole che non includono mai la componente umana. Palestinesi morti rappresentano un bersaglio, un obiettivo, un “settore”, un’operazione, un’azione, una procedura. 
E infatti i giudici [donna] dell’Alta Corte – sono madri anche loro? – non condannano l’assassinio, non chiedono punizioni per i soldati che hanno allungato il fucile fuori dalla jeep blindata e l’hanno puntato alla nuca di una bambina che stava comprando a un chiosco delle caramelle con una mano, mentre con l’altra teneva per mano la sorella, e hanno sparato con precisione, un colpo che ha lasciato una mano sollevata, stretta alla mano di Arin, e il resto del piccolo corpo di Abir disteso sulla strada vuota e polverosa. Non hanno condannato il fatto e richiesto che i soldati o la polizia (fin dal massacro di Kfar Qasim [2] le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno sempre rimarcato che i membri delle Guardie di Frontiera sono polizia, non soldati) vengano sottoposti a un qualunque processo di qualsiasi tipo. 
Non hanno condannato gli assassini, non hanno manifestato compassione per la famiglia di Abir. Le famiglie palestinesi non provano dolore – mai, e allora non c’è necessità di condividere con loro il dolore. Hanno troppi bambini per provare dolore per la perdita di uno di loro. 
E per questo motivo dovremmo richiedere la cessazione immediata della vessazione del rabbino Elitzur e degli altri rabbini che hanno approvato il libro The King’s Torah, che spiega, in base alle sacre scrittire ebraiche e dell’Halacha ebraica, perché i bambini non-ebrei dovrebbero essere uccisi senza provare rimpianto o rimorso, per il bene della nazione ebraica, e che predicano alla porta come pure in incontri organizzati con soldati, nelle scuole e sui giornali,  l’uccisone dei bambini palestinesi. Il maltrattamento dei rabbini potrebbe essere interpretato, Dio non voglia, come razzismo o discriminazione, dato che l’Alta Corte ha sentenziato che le loro prediche sono kosher. Non che abbiano bisogno di una qualche certificazione di tal genere. 
E l’unica consolazione che resta a quelli che come noi l’hanno conosciuta, e sono addolorati per la sua morte e per la sofferenza dei suoi fratelli, delle sue sorelle e dei suoi genitori, è che Dio vendicherà il suo sangue. 
Nurit Peled-Elhanan è figlia dell’ex membro della Knesset Matti Peled, la moglie di Rami, la madre di Smadar che venne assassinata il 4 settembre 1997 in un attacco in un centro commerciale pedonale di Gerusalemme. 
Note del traduttore [dall’ebraico in inglese, George Malent] 
  1. In ebraico, Torah ha-Melech è un libro controverso scritto da due rabbini israeliani, Yosef Elitzur e Yitzhak Shapira, in cui si sostiene che gli ebrei possono uccidere bambini gentili se credono che essi cresceranno fino a esser di danno a ebrei.
  2. Il 29 ottobre 1956, le truppe della Guardia di Frontiera (tecnicamente agenti di polizia) uccisero 48 palestinesi nel villaggio arabo-israeliano di Kfar Qasim, in applicazione di un coprifuoco che era stato imposto ai villaggi arabo-israeliani a causa della Guerra di Suez.